Testi di Leonardo Panizza e Alice Pezzutti – Foto di Elisa Bessega

Primascesa è un film ma è prima di tutto un’idea. Di quelle che ti tengono sveglio la notte, un incubo. Nasce da un tormento personalissimo di Simon (uno dei due protagonisti) che per anni ha sorvegliato alcuni paradisi terrestri, primi tra tutti il sud est asiatico ed il sud america alla ricerca di quei paradisi che tutti abbiamo ben stampati in testa. Partito proprio con l’illusione di poter osservare questi paradisi si rende ben presto conto, come chiunque non si fermi al braccialetto del resort all-inclusive, che il turismo di massa ha devastato e continua a devastare proprio quei luoghi che cerca di mitizzare in immagini cristallizzate del tutto parziali. Infatti dietro la cartolina c’è sempre il rovescio della medaglia; alla spiaggia bianca con gli ombrelloni di foglie di palma si contrappone la spiaggia invasa dalle stesse cannucce con cui beviamo il succo di mango. Alla montagna inviolata si contrappone la montagna di rifiuti che ognuno di noi contribuisce a creare ogni giorno.

Da qui l’intuizione di approcciarsi a questo non-visto come ad una montagna dai connotati alpinistici. Il film narra di una scalata mentale più che fisica, di un alpinismo che si costituisce sul concetto di oltrepassamento di un limite, quello della coscienza collettiva, assopita da sempre grazie all’irrefrenabile girotondo dell’intrattenimento in cui da poco è entrato anche l’alpinismo stesso. L’alpinismo fatto di influencer, di sponsor che si riempiono la bocca di sostenibilità e localismo, di riviste, rifugi e guide alpine che portano avanti una visione di consumo della natura (no, lo sappiamo bene, non è sempre così per fortuna). Di fatto negli ultimi anni sport come l’arrampicata sono esplosi grazie al loro inserimento in grandi modelli di consumo già rodati. Ti vendo un’esperienza autentica, unica, in cui tu hai la grande illusione di autocostruire un momento di realtà. Perché ciò che attira, del mondo della montagna è la facilità con cui si entra in contatto con la realtà quella vera, fatta di temporali improvvisi di pianificazione che puntualmente viene stravolta, di scelte rapide che possono costare la vita. C’è l’adrenalina del poter dire ho rischiato la vita o nei casi meno estremi ho rischiato di prendermi una grandinata sulla testa. C’è la possibilità di rientrare molto in fretta nel circolo di tutto ciò che è mosso dal vento, da ciò che possiamo comprendere ma non predire del tutto, da ciò che possiamo anticipare, come nel meteo ma a cui in fondo ci affidiamo come delle formiche su un guscio di noce la montagna ci offre momenti di quella sincronicità di cui parlava Jung.

primascesa

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Le persone che si muovono attorno al film sono tutte entrate nel progetto in questo modo, senza grossi ritorni economici, senza professionalizzare il proprio contributo (e questo pur essendo tutti dei grandi professionisti) saltando su questo guscio di noce che ci da la libertà di essere completamente slegati da qualsiasi rete ed insieme cercare di toccare i bordi di molti lidi e molte realtà. Ora il progetto si muove da solo, mosso dalle varie letture che quotidianamente emergono e si inabissano. Quella che segue è la lettura di Alice Pezzutti, che ha seguito il progetto fin dagli esordi come osservatrice esterna ed ha voluto osservarci, da filosofa, nella nostra “paradigmatica opposizione”.

Il paradigma opposto

È venerdì sera, avete preparato lo zaino, impostato la sveglia e vi state per addormentare con il confortevole pensiero che l’indomani vi alzerete, salirete in macchina e, contenti di liberarvi dallo stress della settimana lavorativa, raggiungerete il principio di un sentiero. Chiudete gli occhi respirando già quell’aria pulita, sentite le gambe più toniche e sorridete al pensiero che rientrerete rigenerati e pronti per una nuova settimana.

Questo è il paradigma comune, certamente non l’unico, che scandisce lo svolgersi delle escursioni in montagna, tanto quanto l’usuale contatto dell’uomo contemporaneo con la natura in generale. Ciò che si trova raccontato in PrimAscesa è il capovolgimento di questo paradigma; non c’è aria pulita sulla vetta che i due protagonisti raggiungono, non un’idea di rigenerazione, né tantomeno la volontà di reimmergersi con leggerezza nel quotidiano. Il film diretto da Leonardo Panizza narra l’ascesa della montagna che ogni uomo contribuisce a creare di giorno in giorno producendo rifiuti; una vera e propria impresa alpinistica portata a compimento da due ‘amanti della natura e dell’ignoto’, Simon Sartori e Giovanni Moscon.

Il paradigma opposto raccontato in PrimAscesa interroga la questione ecologica in maniera profonda; ciò che emerge è un contrasto netto nei confronti delle retoriche comuni riguardo alla sostenibilità, una condanna dei modi invasivi di fare esperienza della natura, una sussurrata parodia dell’alpinismo di conquista, una messa in discussione dell’ontologia classica, un sovvertimento della logica antropocentrica e un invito a porre luce su ciò che per l’uomo è ancora ‘inesplorato’.

primascesaInfatti, la vetta della montagna di spazzatura è descritta come l’ultima cima ancora non raggiunta dall’uomo, l’estremo punto non conquistato. Sebbene l’ascesa ponga delle difficoltà tecniche, queste non fanno in modo che risulti inaccessibile; allora i limiti che si frappongono tra l’uomo e l’esplorazione della montagna che egli stesso crea riguardano la sfera della responsabilità individuale e sociale. In questo modo, l’impresa raccontata in PrimAscesa metaforizza la miopia contemporanea di fronte al tema ambientale e pone al centro l’urgenza di sviluppare una nuova sensibilità ecologica.

Primascesa è un film ma è prima di tutto un’idea. Di quelle che ti tengono sveglio la notte, un incubo. Nasce da un tormento personalissimo di Simon (uno dei due protagonisti) che per anni ha sorvegliato alcuni paradisi terrestri, primi tra tutti il sud est asiatico ed il sud america alla ricerca di quei paradisi che tutti abbiamo ben stampati in testa. Partito proprio con l’illusione di poter osservare questi paradisi si rende ben presto conto, come chiunque non si fermi al braccialetto del resort all-inclusive, che il turismo di massa ha devastato e continua a devastare proprio quei luoghi che cerca di mitizzare in immagini cristallizzate del tutto parziali. Infatti dietro la cartolina c’è sempre il rovescio della medaglia; alla spiaggia bianca con gli ombrelloni di foglie di palma si contrappone la spiaggia invasa dalle stesse cannucce con cui beviamo il succo di mango. Alla montagna inviolata si contrappone la montagna di rifiuti che ognuno di noi contribuisce a creare ogni giorno. Da qui l’intuizione di approcciarsi a questo non-visto come ad una montagna dai connotati alpinistici. Il film narra di una scalata mentale più che fisica, di un alpinismo che si costituisce sul concetto di oltrepassamento di un limite, quello della coscienza collettiva, assopita da sempre grazie all’irrefrenabile girotondo dell’intrattenimento in cui da poco è entrato anche l’alpinismo stesso. L’alpinismo fatto di influencer, di sponsor che si riempiono la bocca di sostenibilità e localismo, di riviste, rifugi e guide alpine che portano avanti una visione di consumo della natura (no, lo sappiamo bene, non è sempre così per fortuna). Di fatto negli ultimi anni sport come l’arrampicata sono esplosi grazie al loro inserimento in grandi modelli di consumo già rodati. Ti vendo un’esperienza autentica, unica, in cui tu hai la grande illusione di autocostruire un momento di realtà. Perché ciò che attira, del mondo della montagna è la facilità con cui si entra in contatto con la realtà quella vera, fatta di temporali improvvisi di pianificazione che puntualmente viene stravolta, di scelte rapide che possono costare la vita. C’è l’adrenalina del poter dire ho rischiato la vita o nei casi meno estremi ho rischiato di prendermi una grandinata sulla testa. C’è la possibilità di rientrare molto in fretta nel circolo di tutto ciò che è mosso dal vento, da ciò che possiamo comprendere ma non predire del tutto, da ciò che possiamo anticipare, come nel meteo ma a cui in fondo ci affidiamo come delle formiche su un guscio di noce la montagna ci offre momenti di quella sincronicità di cui parlava Jung. Le persone che si muovono attorno al film sono tutte entrate nel progetto in questo modo, senza grossi ritorni economici, senza professionalizzare il proprio contributo (e questo pur essendo tutti dei grandi professionisti) saltando su questo guscio di noce che ci da la libertà di essere completamente slegati da qualsiasi rete ed insieme cercare di toccare i bordi di molti lidi e molte realtà. Ora il progetto si muove da solo, mosso dalle varie letture che quotidianamente emergono e si inabissano. Quella che segue è la lettura di Alice Pezzutti, che ha seguito il progetto fin dagli esordi come osservatrice esterna ed ha voluto osservarci, da filosofa, nella nostra “paradigmatica opposizione”.

La radicalità del messaggio contenuto nel film emerge anche attraverso lo stile. Permeata di un’atmosfera ironica e, allo stesso tempo, tragica, la pellicola conduce lo spettatore in un’esperienza nella quale il disgusto viene barattato continuamente con la bellezza, fino a produrre un vortice disturbante in grado di scuotere interiormente. Infatti, se nel descrivere Leonia, la città che rifà se stessa ogni giorno buttando quanto aveva usato il giorno prima, Calvino definisce i netturbini al pari degli angeli; PrimAscesa racconta dei suoi alpinisti come degli scomodi esploratori dell’ignoto, degli scopritori di mostri che, all’opposto dagli angeli di Leonia, non intendono ridestare tutto come se nulla fosse, ma si fanno iniziatori di un’esplorazione da intraprendere ogni giorno: quella che riguarda gli effetti del nostro modo di vivere.

Primascesa

Ogni venerdì sera, preparato lo zaino e impostata la sveglia, prima di addormentarsi con quel confortevole pensiero, sarebbe necessario ricordarsi che non vi è nessuna cima inviolata, nessun paesaggio selvaggio, se non quello della responsabilità ecologica.

PrimAscesa – La montagna creata dall’uomo ha ricevuto il premio CineAMoRe istituito dal coordinamento di Rassegna Internazionale Cinema Archeologico, Trento Film Festival e Religion Today Film Festival.

Trailer: https://vimeo.com/535960320

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